Il cielo di Los Angeles non è mai stato così infuocato, gli Yeah Yeah Yeahs da New York cambiano skyline e tornano dopo 9 anni con “Cool It Down”, un album con atmosfere alla David Lynch, ma con quella loro ruvidezza DIY inconfondibile.
Karen O, Nick Zinner e Brian Chase i tre membri degli Yeah Yeah Yeahs, hanno aspettato nove anni prima di pubblicare il quinto album, “Cool It Down”, un disco breve ma che arde come un fiammifero.
“Cool It Down” ha spostato l’attenzione della band su Los Angeles dove Karen O passa gran parte del tempo, da quando ha messo su famiglia. Ma Nick è rimasto nella Big Apple, città a cui la band deve tutto.
Il quinto album degli Yeah Yeah Yeahs esplora l’isolamento dell’era della pandemia, affronta la rovina ambientale, e parla di cieli rosso fuoco che sembrano il preludio di un apocalisse, ma lasciando sul finale un segnale di speranza e di ottimismo sul futuro.
Se vi aspettate una hit che vi colpisce in faccia come un pugno pieno di glitter, non la troverete in “Cool it Down”, gli ululati di Karen O al microfono nemmeno.
La delirante energia live che li accompagna dai tempi del debutto con “Fever to Tell” nel 2003 – album che fece riaccendere i riflettori sulla scena indie rock di New York, oggi raccontata anche nel documentario d’imminente uscita “Meet me in the Bathroom” – la potete ritrovare live, tra sputi a fontana e il mitico microfono infilato dentro i pantaloni a ricreare un cazzo, perché diciamolo: non c’è frontwoman che regga il confronto con Karen O sul palco.
Gli Yeah Yeah Yeahs sono cresciuti, si sono evoluti e noi insieme a loro, la voce di Karen da ruvida e tagliente è diventata a tratti setosa, in altri sussurrata, sembra quasi una meditazione post punk che culmina nel duetto con Perfume Genius “Spitting on the Edge of the World”, un inno epocale che sputa sul mondo e su tutte le sue contraddizioni.
Abbiamo chiacchierato con Nik Zinner, fondatore della band, chitarrista e fotografo:
Ciao Nick, come stai e dove ti trovi?
Sono a New York tutto bene, è la città migliore che ci sia.
Mi chiedevo, qual è stato l’input che vi ha fatto tornare con un nuovo album dopo 9 anni?
Ci prendiamo sempre del tempo tra un disco e l’altro, e poi Karen e Matt ora hanno dei figli che hanno ribaltato il loro mondo. Come band abbiamo fatto dei live tra la fine del 2017 e il 2018 per celebrare i 10 anni del nostro primo album “Fever to Tell” e quegli show furono travolgenti, con un responso incredibile da parte del pubblico.
Questo entusiasmo ci ha fatto pensare che non volevamo diventare una di quelle band che si riuniscono ogni tanto per un tributo, volevamo materiale nuovo per tenere viva l’energia che ci ha sempre distinto. All’inizio pensavamo di pubblicare qualche singolo nel 2020 ma poi è arrivata la pandemia e si è evoluto in un album.
Si dice che squadra vincente non si cambia, voi sin dagli inizi lavorate con SSION per artwork e video, con Dave Sitek per la produzione e Christian Joy che crea i costumi di Karen. Siete una famiglia allargata ormai!
Ahahahahah! La verità è che siamo stati fortunati nel lavorare con questi artisti incredibili sin dall’inizio. Veniamo tutti da un background DIY, quando abbiamo iniziato eravamo tutti alle prime armi, siamo cresciuti insieme sia artisticamente che come persone, siamo molto legati.
Il vostro primo album “Fever to Tell” era un’ode a New York, “Cool it Down” invece è per me come una Los Angeles post-apocalittica, qual è il tuo punto di vista?
Assolutamente d’accordo al 100%. (sghignazza n.d.g.) Karen vive soprattutto a Los Angeles ora che ha famiglia e il 2020 con il Covid sembrava davvero l’apocalisse! Inoltre in California ci sono stati gli incendi più pesanti della sua storia, il cielo era sempre arancione, pioveva cenere, e Karen ci raccontava che non poteva uscire di casa perché l’aria era irrespirabile. Un vero schifo, più che post-apocalittico direi presente-apocalittico ahahahah!
Dopo questo racconto direi che hai dato un senso anche all’ artwork del disco!
Esattamente, la cover è una foto che ha trovato Karen, è di una fotografa che si chiama Alex Prager credo risalga al 2015, ma era perfetta per i sentimenti che il disco esprime.
Il primo singolo che avete rilasciato “Spitting on the Edge d the World” è un feat. con Perfume Genius, per altro la sua voce e quella di Karen sembrano fatte per cantare insieme, come lo avete coinvolto?
Penso anche io che le loro voci creino una combinazione speciale, Perfume Genius è una persona bellissima e un bravissimo artista, onestamente è stata l’unica persona che ci è venuta in mente, Karen ha detto: “Ci sento Perfume Genius in questa canzone” e così è andata.
Nessuno di noi lo conosceva personalmente ma siamo suoi grandi fan, così lo abbiamo contattato tramite amici comuni scoprendo così che la stima era reciproca, così ha accettato felicemente e ci ha anche raggiunto a Kansas City per girare il video con un clima freddissimo che ci ha spinto al limite!
Ho visto delle immagini di backstage con voi congelati! Però con quella macchina custom realizzata da SSION che avete chiamato “HellYEAHRacer” ne è valsa la pena dai! Vorrei salire anche io sul tetto di quell’auto e cantare a squarcia gola in mezzo al deserto!
Faceva davvero un freddo indescrivibile! Per quanto riguarda la macchina sarebbe bello portarla in tour con noi, ci stiamo pensando!
Fatelo per favore! Ma è vero che la prima volta che avete parlato di fare questo album tu e Karen eravate in un ristorante cinese ubriachi?
Sì… era dicembre 2019, noi usciamo spesso insieme ma non ci vedevamo di persona da molto tempo ed è stata la prima volta che parlando abbiamo preso in considerazione l’idea di fare nuova musica. Avevamo bevuto una bottiglia gigantesca di Sakè…
Il Sakè è il classico alcolico che ti frega perché è piacevole berlo, è confortevole, ma poi ti stende…
Esatto! Ahahah! E’ stato un grande pranzo, abbiamo cominciato a parlare di chi potevamo coinvolgere nel disco e di cosa ci sarebbe piaciuto fare, completamente ubriachi.
“Cool it Down” è il vostro album più soft ma non privo di quell’energia che vi ha sempre distinto. Vi sentite cresciuti ulteriormente con questo album?
Si anche se ci siamo messi in discussione con ogni album direi, non volevamo fare un album che vendesse non m’interessa esser visualizzato su YouTube, ma il modo in cui è stato creato è sempre lo stesso, l’energia dei nostri esordi è sempre presente. Siamo cresciuti, siamo persone diverse e il nostro sound si è evoluto con noi.
Volevo parlare di “Lovebomb” in cui Karen canta in un modo a lei inusuale, sussurrato, e della sua atmosfera alla David Lynch, c’è quella sensazione sospesa nel pezzo come se stesse per accadere qualcosa…
Grande! Siamo tutti dei fan di Lynch, quindi figo! E’ stato interessante per Karen cantare in un modo completamente diverso dal solito, ma anche per noi perché non c’è un’altra canzone degli YYY’s simile a questa.
E’ la canzone più intima che abbiamo mai scritto ed è stata registrata in modo che la voce di Karen sembra stia parlando direttamente a chi l’ascolta, dentro alla sua testa. Parla di quando non potevamo vedere ne toccare nessuno per via della pandemia, del sentire la necessità di sentirsi nuovamente vicino fisicamente a qualcuno che si ama.
Sei anche un fotografo, che è un lavoro solitario comparato alla band, quando hai cominciato a scattare foto e cosa ritraevi?
Ho cominciato al liceo e mi è sempre piaciuto fare fotografia documentaristica, che è quello che faccio ancora, scatto foto di cose che accadono a New York o attorno a me ovunque mi trovi.
Lato band è incredibile perché ho documentato qualsiasi nostra esperienza, ho un archivio vastissimo creato in 22 anni di carriera.
Cerco di non essere nostalgico ma allo stesso tempo avere l’opportunità di accedere facilmente a tutti i nostri ricordi è qualcosa di incredibile.
Sto lavorando molto lentamente a un libro fotografico sugli Yeah Yeah Yeahs, ma ho veramente troppe foto tra cui scegliere!!!
Scatti ancora le foto del vostro pubblico ai concerti?
Sì, credo di aver mancato 4 show in tutta la nostra carriera, quindi anche lì, immagina quante foto posso avere!
Com’è stato tornare on stage dopo la pandemia, i vostri concerti sono sempre molto wild, io stesso mi sono trovato a fine concerto entusiasta e fradicio come un teenager ogni volta che vi ho visti, hai visto un’energia diversa?
Immagina quell’intensità moltiplicata per cinque! E’ molto diverso, è tutto più vitale e tutti, compresi noi, siamo più riconoscenti. E’ davvero disarmante quando senti ancora tutto questo calore dopo 20 anni di carriera! Il pubblico è con noi, lo avvertiamo, ed è una delle sensazioni più belle del mondo.
Avremo modo di vedervi tornare live in Italia?
Non lo so ancora, ci piacerebbe moltissimo, Karen ama l’Italia. Faremo un tour il prossimo anno e spero che l’Italia sia compresa, ci metterò una buona parola.
Qual è la canzone degli Yeah Yeah Yeahs che ti emoziona più suonare dal vivo per il responso che ricevi dal pubblico?
Al momenti direi “Art Star” dal nostro primo ep, ce ne sono diverse tra cui “Head Will Roll” e “Zero”, ma quella canzone smuove davvero le persone, l’intensità emotiva è altissima, c’è una connessione tra noi e il pubblico che mi sorprende ogni volta.
A proposito d’Italia, avrai sentito che di recente è stata eletta la destra al governo… dacci un consiglio, una speranza, voi siete sopravvissuti a Trump!
L’ho letto sì… Non posso dirti che sia stato facile mentirei, e ancora non lo è. Durante l’era Trump ogni giorno usciva una news o veniva presa una decisione che ti buttava a terra.
E’ stato davvero… credimi sto cercando qualcosa da dirti che possa incutere un poco di speranza ma non so davvero cosa dirti! Ogni giorno sarà come combattere e sarà necessario farlo. E’ fondamentale ricordarsi che non si è da soli, che tante persone la pensano come te, come noi, e che vi unirete e vi farete sentire tutti insieme.
Speriamo… E qui ti lascio, chiedendoti qual è l’ultimo album di cui ti sei innamorato:
L’ultimo album dei Washington DC “Skinty Fia” mi piace davvero molto, ma ti consiglio anche “Seek Shelter” degli Iceage, una band danese bravissima.